Più di un anno fa scrissi ad alcuni importanti dirigenti editoriali. Pensavo di avere in mano una buona storia e pensavo che se li avessi incuriositi abbastanza da dargli uno sguardo essi, i direttori editoriali, non avrebbero potuto non concordare con me. Decisi che i direttori editoriali, specie se importanti, si sarebbero annoiati in fretta di qualsiasi verbo dei comuni mortali, ma che se si doveva cercare di interessarli bisognava pur dire qualcosa. Calcolai dopo un bel riflettere che due paginette fronte-retro a interlinea uno sarebbero andate bene. Ci avrei messo una sintesi sinteticissima del mio romanzo, un altrettanto essenziale curriculum in cui mi sarei presentato come estimatore della Napoli vicolesca croce e delizia di noi che ci viviamo e infine tre estratti del mio romanzo, opportunamente adattati alla bisogna. Dopo notevoli revisioni, spedii le mie due cartelle fronte retro agli importanti direttori editoriali. Ma o perché le lettere non giunsero mai all’attenzione degli alti destinatari o perché vi giunsero senza causare attenzione, nessuno si fece vivo. Per un po’ la cosa mi turbò. Poi riflettei che pure i direttori editoriali, per quanto potenti e stimati, appartengono al genere umano. E il genere umano, si sa, non è infallibile. Questa è una scena del primo capitolo.
Annarella e Giggino in uno scantinato di Montesanto. Giggino ha appena salvato la vita ad Annarella, mettendo in fuga l’ultimo suo cliente di sesso violento con il quale la sua amica cercava la morte. Annarella però non dimostra riconoscenza e anzi ringrazia il suo salvatore aggredendolo e prendendolo a schiaffi finché non rimane senza forze. Giggino accetta gli schiaffi senza difendersi, e anzi conservando la sua aria da bambino che ha fatto una marachella passibile di punizione. Come per farsi perdonare, consegna alla sua poco riconoscente amica le molte banconote, aumentate di numero dopo il suo intervento nello scantinato, lasciatele dall’ultimo brutale cliente. Ma…
… quando le porse alla sua interlocutrice, lei piombò in una nuova violenta crisi di rabbia. Prese una banconota da cinquanta euro e la strappò e lo stesso tentò di fare con le altre prima che il suo compagno le bloccasse le braccia. “Non li voglio, non voglio! Abbruciali tutti!”
“Annare’, nun fa accussì, sono soldi tuoi. E sono assaie, ti possono servire.”
Annarella emise un grosso grumo di saliva tentando di colpire il suo salvatore, ma non riuscendoci a causa della scarsa gittata del suo sputo. “’Ntrunato, ma mi stai a sentire o no? Ma comme cazzo faie a campà con quel tuo un cervello da bambino? Pigliati tutti chisti sordi e buttali nel cesso.”
Dopo un po’ tuttavia si calma e chiede al suo interlocutore, con il ritrovato affetto che gli dedica di solito, come sta quella che definisce la sua ragazza. Per la prima volta dall’entrata in scena, Giggino sorride. Decanta le notevoli qualità fisiche e intellettuali della “’nnammurata” sua e ringrazia Adele per non essere invidiosa, come qualche volta succede alle donne quando se ne vantano altre in loro presenza.
Giggino tirò fuori dal portafogli una foto che mostrò alla sua interlocutrice con orgoglio. Raffigurava una donna dalla bellezza abbagliante, alta, attraente, snella, sembrava una stella del cinema, anche se il suo tailleur grigio manager la qualificava come una donna di affari o tutt’al più come un’avvocatessa. Annarella in effetti sapeva che la donna ripresa nella foto era una delle avvocatesse napoletane emergenti, aveva una rubrica settimanale sul Mattino in cui si parlava di degrado cittadino assistenza alle famiglie bisognose.
“Pare ‘a meglia femmena e Napule. Sei proprio fortunato ad avere una fidanzata così”, disse Annarella riconsegnando la foto della donna attraente.
Ci fu qualche momento di silenzio, mentre Annarella continuava ad aspirare fumo dalla sigaretta e a emetterlo nell’aria inquinata dello scantinato. Quindi Giggino disse lentamente: “Pecché vuo’ murì, Annaré? Non ti piace vivere?"
Non vedo l'ora di leggerlo tutto questo romanzo. Ha un che di tenero a tinte fosche, un'atmosfera un po' fumosa eppure scintillante... uno strano miscuglio di contraddizioni che armonizzano.
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